Che cos’è la Psicologia?

Che cos’è la psicologia? La parola di origine greca “Psicologia” deriva da psyché, che vuol dire “anima”, e logos ovvero “discorso”, “studio”.
Avendo considerato il solo significato letterale, per moltissimo tempo la Psicologia rimase di fatto lo studio dell’anima.
Solo nel XVII secolo cominciò ad assumere il senso di Scienza della Mente, grazie ai primi studi sul comportamento e sui processi mentali degli individui. In particolare furono indagati: i fenomeni comportamentali direttamente osservabili; i meccanismi mentali superiori, che computano gli input in entrata e determinano la risposta in uscita; l’ambiente di sociale provenienza; il tipo di relazione (stile di attaccamento) con l’oggetto d’amore, di solito la madre oppure il caregiver; le dinamiche di funzionamento interiore.
Ai fini di ricerca e per la produzione di psicodiagnosi, la Psicologia si avvale di strumenti di tipo qualitativo (colloquio clinico) e di tipo quantitativo (test standardizzati). La Psichiatria, a differenza della Psicologia, è una disciplina medica focalizzata sui disturbi del paziente. Per questo motivo lo Psichiatra, contrariamente allo Psicologo e allo Psicoterapeuta, può prescrivere farmaci sotto ricetta medica.
La Psicologia Clinica
Nella psicologia clinica l’attributo “clinico” deriva dal vocabolo greco clinè, che significa “letto”. Ciò ha indicato, per moltissimo tempo, la cura fornita dal medico al malato sul capezzale.
Secondo la prospettiva psicologica il termine “clinico”, pur mantenendo il significato originario di cura individuale, viene applicato indipendentemente dalla presenza di una effettiva patologia del soggetto. Infatti, più che al “curare” (in inglese to cure), la parola si riferisce al “prendersi cura” (to care) ed è per questa ragione che viene utilizzata anche nelle situazioni di normalità.
Anche il concetto di “guarigione”, in questo contesto, ha abbandonato la propria accezione medica per abbracciare il significato di “miglioramento della qualità della vita”.
La Psicologia Clinica si avvale di uno specifico modello esplorativo e di una determinata metodologia conoscitiva e d’intervento. Essa tiene conto delle peculiarità di ogni singolo individuo, evitando generalizzazioni. Pertanto, la Psicologia Clinica può essere intesa come scienza idiografica, cioè volta allo studio di ciascun caso nella sua unicità.
L’oggetto di studio è il comportamento psicopatologico, sulla base del quale vengono formulate diagnosi e progetti di intervento.

A tal fine, è fondamentale ricercare nel sintomo il proprio significato esistenziale e le motivazioni sottostanti. “Non è infatti la malattia mentale o il comportamento deviante ma, piuttosto, l’individuo (o il gruppo) in quanto tale e l’analisi della domanda che questi rivolge, a costituire il suo preciso oggetto di interesse. (…) In sintesi potremmo perciò dire che, la prassi della Psicologia Clinica, consiste (…) nel ricondurre uno stato di disagio psichico entro la dimensione globale del funzionamento psicologico (…), per conoscere la struttura di personalità, il suo modo di elaborare le relazioni oggettuali, i meccanismi psichici adattivi e difensivi che sottostanno ai (…) comportamenti e valutare, quindi, il ruolo che i fattori psichici svolgono nello stato del disagio.
L’identificazione di tali fattori e la comprensione della dinamica che vi è sottesa – operazioni che costituiscono il processo di valutazione psicodiagnostica – permettono, infatti, l’impiego di trattamenti psicologici per modificare l’influenza di questi fattori sullo stato di disagio e di sofferenza, aiutare l’interlocutore ad allargare i propri spazi di pensiero e a ritrovare una maggiore padronanza della propria vita psichica e del proprio comportamento”. (pagg. 435-436. Passo tratto da “Manuale di Psichiatria e Psicologia Clinica” di Giordano Invernizzi, 1996. Ed. Mc Graw-Hill).
La Psicologia Clinica, per quanto concerne il processo diagnostico/conoscitivo, evidenzia la centralità di: relazione tra clinico e paziente; setting co-costruito, capace di attribuire un senso alla relazione; cura, intesa come maturazione di uno stile comportamentale e relazionale adattivo e funzionale per il soggetto.
Il Counselling
Il sostantivo “counselling” deriva dal verbo inglese to counsel che risale a sua volta dal verbo latino consulo-ere, traducibile in “consolare”, “confortare”, “venire in aiuto”.
Quest’ultimo si compone della particella cum (“con”, “insieme”) e solere (“alzare”, “sollevare”), sia propriamente come atto, sia nell’accezione di “aiuto a sollevarsi”. Il termine è omologo un altro verbo latino: consulto-are, cioè “consigliarsi”, “deliberare”, “riflettere”.
In italiano “counselling” vuol dire “consulenza”, anche se la traduzione si mostra controversa in quanto il termine inglese “consulting” ha il medesimo significato. Risulta problematica anche la traduzione in “consiglio”.
Pagani afferma che “(…) uno degli elementi distintivi del counselling rispetto alla situazione del consiglio è che, nel primo caso, la relazione si svolge con un esperto ed è finalizzata alla ricerca di una strategia per rendere possibili scelte o modifiche, nel secondo caso, invece, la relazione è paritaria e consiste nel suggerire”.
Mediante il counselling l’individuo sviluppa una visione realistica di sé e dell’ambiente sociale che lo circonda. Grazie alla percezione obiettiva della realtà, la persona è in grado di poter affrontare al meglio le scelte relative alla professione, al matrimonio, alla gestione dei rapporti interpersonali, riducendo al minimo la conflittualità scaturita da fattori soggettivi.
Lo scopo ultimo, dunque, è migliorare lo stile di vita individuale, rendendolo più soddisfacente e gratificante. Il counselling è svolto da uno Psicologo oppure da un Counsellor, ovvero un professionista capace di fornire aiuto in caso di problematiche personali, emotivamente significative. Il lavoro coinvolge la persona per un numero limitato di incontri ed è incentrato sul qui-ed-ora.
Sono assenti qualsiasi forma di terapia regressiva ed eventuali interpretazioni sull’origine del comportamento. Le competenze necessarie per lo svolgimento dell’attività di Counselling vengono raggiunte esclusivamente mediante un percorso accademico o specialistico apposito. Una scuola di counselling dura un minimo di tre anni e prevede un esame conclusivo per l’abilitazione alla professione.