I questa sessione troverai alcune domande poste da pazienti a tua volta puoi porne, le domande e le risposte saranno visibili a tutti, ometteremo dati sensibili quale nome e cognome reali o mail
Lettera di Autore Anonimo:
Salve! Nel corso degli anni mi è capitato, non spesso, di avere episodi di enuresi in età avanzata. Si ripete però sempre la stessa circostanza: sogno di essere in bagno e di dover fare la pipì….ma mentre sto per farla, mi chiedo se sono sveglia o se sono a letto. Il tutto dura per alcuni minuti perchè sono confusa, non capisco se sono sveglia o sogno….col terrore di farla nel letto. Questa notte per esempio me lo sono chiesta tante volte…e mi ripetevo…è vero…sono in bagno….posso farla tranquillamente! Non succederà nulla! Mi trattenevo…ma alla fine l’ho fatta! Ovviamente immaginerete la frustrazione!!! Se riesco a chiedermi se sono sveglia o no….perchè alla fine comunque la faccio? In alcuni casi invece sono riuscita a svegliarmi per tempo….! Ho 31 anni…e una vita molto movimentata! Caratterialmente sono forte, ma crollo nei momenti meno aspettati! Non ho problemi fisici da poter collegare….credo sia più un fattore psicologico. Come posso gestire questa situazione?
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella:

Buongiorno Signora, che domanda interessante! Molto spesso i sogni assumono sembianze talmente reali, che il corpo risponde concretamente alle stimolazioni del mondo onirico: urla di fronte a una minaccia, ha un sussulto mentre precipita, fa pipì quando la scena si svolge in bagno. Tuttavia, visto che attribuisce con convinzione la causa a fattori psicologici, sulla base di quanto descrive di sè, è possibile formulare qualche ipotesi interpretativa. La capacità di trattenere ed espellere ha a che fare con la dimensione del controllo (degli sfinteri in primis). “Lasciarsi andare” durante la notte, potrebbe significare “liberarsi” di qualcosa, magari del ruolo di donna “forte” che riveste nella quotidianità. Essere forti, impegnarsi in molte attività (come mi pare di capire avvenga nel Suo caso), può essere utile e gratificante ma, certamente, assai faticoso. Quando ci si concede scarsi spazi di riposo o ci si permette poco di manifestare le proprie fragilità, l’inconscio parla per la persona, specie nei momenti in cui essa abbassa le difese e lo stato di veglia è intorpidito (perchè, finalmente, ha il “via libera”). Inoltre, l’enuresi notturna, fa rivivere condizioni tipiche dell’infanzia. Anche questo dato merita attenzione, in quanto potrebbe raccontare di un eventuale desiderio di “tornare bambina”, per essere nuovamente dipendente e curata (evitando di sobbarcarsi tante responsabilità). Ovviamente soltanto Lei, in base all’esperienza, potrà valutare se esiste una risonanza tra queste letture e il disagio che racconta. Buona vita.
Lettera di Autore Anonimo:
Salve mi trovo in una situazione non molto bella nel senso che, da quando mi hanno trasferito in altra sede di lavoro della stessa azienda, mi trovo molto giù di morale e tachicardia perché, dopo 13 anni della sede originaria, mi sento sbattuto in un’altra realtà totalmente diversa, sia come lavoro che come orario. Ho 46 anni e devo ricominciare come se fosse il primo giorno di lavoro e, molto più, che non mi piace. Cosa devo fare? Ho famiglia e due figli e non posso permettermi di lasciare il lavoro. Grazie per le risposte.
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella:

Gent.le utente, mi spiace molto per il disagio che sta attraversando. In effetti quello che prova è comprensibile, in quanto i cambiamenti (anche positivi) spesso destabilizzano e richiedono un periodo di tempo per la ri-organizzazione delle abitudini. Si dia modo di conoscere il nuovo ambiente, di sentirsene parte integrante fino a che diventi noto, prevedibile e, dunque, rassicurante. Questo non significa rinunciare a ciò che piace ma, visto che non può permettersi di lasciare il lavoro, potrebbe permetterLe di gestire la situazione ostica mentre, se se la sente, si attiva nella ricerca di un impiego appagante. Qualora lo stato ansioso che descrive fosse invalidante, consideri la possibilità di chiedere il supporto di un professionista Psicologo, che la possa “accompagnare” in questo particolare momento di sconforto. Inoltre ricordi che l’affetto e il calore della famiglia che ama, possono contribuire a infondere un senso di protezione, solidarietà e sostegno. Tanti auguri.
Lettera di Marcolino:
Cara Dottoressa, sto con la mia ragazza da un anno. Mi sono innamorato della sua solarità e della estroversione. È molto socievole e sempre sorridente. Il fatto è che lo fa con tutti e non sopporto questa cosa, sono molto geloso ma mi rendo conto che, a volte, esagero. A causa della mia gelosia litighiamo spesso, in effetti voglio imporre limitazioni (di orari, che esca con amici maschi) e a lei non sta bene. Mi sembra di voler spegnere le caratteristiche che mi hanno fatto innamorare della mia ragazza o meglio, vorrei che esistessero solo quando sta con me. Il fatto è che, così facendo, rischio seriamente di perderla. Lei si sta stancando e sento che devo assolutamente fare qualcosa per attenuare la gelosia che mi accieca. Le sarei grato se potesse darmi un suggerimento o qualche parola di spiegazione in merito. Arrivederci. Marcolino.
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella:

Ahhhh la gelosia, che sentimento ricco di significato! Caro Marcolino, racconti di litigare spesso e di attuare comportamenti limitatori che, a quanto pare, tu stesso non condividi. Le lamentele e le restrizioni che esprimi con le parole, hanno due significati: uno verbale ed uno psicologico. Quello verbale riguarda la semantica, cioè il significato letterale della comunicazione; quello psicologico ha a che fare coi sentimenti, le paure, le richieste autentiche che si vorrebbero esprimere. Siccome la gelosia restringe il campo d’azione della tua ragazza , fa sì che trascorriate più tempo insieme e che tu sia l’esclusivo beneficiario delle sue bellezze è concepibile che, il significato psicologico delle tue proteste, sia: “ho bisogno di te, ho paura di perderti, non lasciarmi”. Come puoi capire, per chi ascolta, dichiarazioni simili sono ben diverse da divieti del tipo “non uscire, non puoi vedere il tuo amico Tizio”. Hai mai pensato di ammettere onestamente le paure e le emozioni che provi? Hai mai parlato intimamente delle insicurezze (se l’ipotesi fosse veritiera) che ti accompagnerebbero? Sai, è possibile (ripeto, possibile) che facendolo tu ottenga risposte differenti dalla ribellione e dall’allontanamento o magari, se la tua compagna prendesse comunque gli spazi desiderati, si impegnerebbe nel dare le rassicurazioni per tranquillizzarti. Chissà se, questi descritti, potrebbero rappresentare scenari plausibili. C’è un detto popolare che dice “tentar non nuoce”… In bocca al lupo.
Lettera di Autore Anonimo:
Buongiorno, scrivo perché da tre mesi ho perso una persona di famiglia a me molto cara. Nonostante sia già passato un po’ di tempo, sono ancora molto abbattuto. A volte la notte fatico ad addormentarmi perché ricordo, penso e ripenso in preda alla tristezza. Quando starò meglio? Grazie fin da ora. Anonimo
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella:

Caro Anonimo, mi spiace davvero per la recente perdita di cui parli. Secondo il mio parere, il tempo necessario per l’elaborazione di un lutto importante è del tutto soggettivo. Per “elaborazione del lutto” intendo l’accettazione della scomparsa e il superamento del dolore acuto; molte persone “vanno avanti” senza davvero superare. Per questa ragione ritengo che quando starai meglio, sarai tu a decretarlo. Tieni presente che non esistono emozioni negative, perciò anche la tristezza, per quanto dolorosa sia, è utile. Serve a ri-organizzare l’esistenza tenendo conto della perdita, è fondamentale per creare nuovamente l’equilibrio necessario ad affrontare in modo funzionale la vita. So che fa male ma, possibilmente, esprimi la tua emozione ogni volta che affiora. Consentile di “uscire”, di prendere spazio. Solo quando avrai pianto tutte le lacrime, ci sarà posto per i sorrisi spensierati. D’altronde anche Dante, per godere della luminosità del Paradiso, ha dovuto prima perdersi nella selva oscura dell’Inferno. Ne uscirai, datti tempo. Un abbraccio.
Lettera di Autore Anonimo:
Salve, mi piacerebbe che sulla vostra rubrica si parlasse di separazione. Sono separata ed ho un figlio di quattro anni, con affidamento congiunto. Questa situazione non mi piace affatto e mi procura diversi problemi. Il mio ex marito mi ha tradita, solo per questo secondo me non meriterebbe neppure l’amore del bambino. Non solo, so che recentemente mio figlio ha conosciuto anche la nuova “fidanzata” del padre. Non sono serena, mi sembra tutto molto ingiusto ma, soprattutto, non voglio che a mio figlio si confondano le idee sui riferimenti genitoriali. Fosse per me ridurrei anche la frequenza degli incontri col padre. Non so come gestire la situazione. Grazie.
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella:

Gentile Lettrice, grazie per aver proposto il tema, sentito e così attuale. Dalle tue parole ho avvertito rabbia, tra l’altro pienamente giustificabile, dato quello che racconti di aver passato. Mi dispiace tanto e capisco sinceramente la difficoltà. A proposito del disagio emotivo, come prima cosa mi viene da dire di prenderti cura di quello che senti, di dargli lo spazio che merita, uno sfogo che possa, in qualche modo, alleggerire il carico da novanta che c’è sul tuo cuore.Chiedi vicinanza alle persone di cui ti fidi, domanda aiuto se ne hai bisogno, ritaglia dei momenti in cui le tue ferite possano essere medicate. In secondo luogo, seppur mi renda conto della gravità del gesto commesso dall’ex marito, credo potrebbe risultare saggio, nell’interesse del minore, fare un distinguo tra la persona come coniuge e la persona come genitore. In effetti sono due ruoli molto diversi. Eccetto casi di particolare incuria, violenza o abuso il bambino ha bisogno, ed anche pieno diritto, di godere di entrambi i genitori. La rabbia che ho scorto (forse ti appartiene?) risulterebbe del tutto comprensibile e, come accennavo, sarebbe un sentimento degno di ascolto e considerazione. Ma, se pensi di proteggere tuo figlio negandogli l’accesso al padre, non ne sarei del tutto sicura. Se c’è chiarezza e accompagnamento, dubito che il piccolo possa confondere i riferimenti genitoriali. Tu hai costruito un rapporto con lui, tu gli dai calore e gli offri una guida, tu coltiverai la vostra relazione nel futuro, tu sola sei e resterai la sua mamma. Non so da quanto tempo siete separati, ma un giorno sarà importante recuperare almeno un dialogo con quest’uomo, così da condividere i valori con cui educherete vostro figlio… eh già, vostro e non tuo o suo. E in questo potrete anche farvi supportare da un consulente per la coppia o da un mediatore familiare. Abbi cura di te.
Lettera di Milla73:
Gent.le Dottoressa, soffro di ansia da diverso tempo. Da qualche mese credo di aver avuto perfino degli attacchi di panico. Mi sono rivolta al medico di famiglia, che mi conosce da tanto tempo, il quale mi ha prescritto dei farmaci. Dovrebbero servire a tranquillizzarmi e a farmi riposare la notte. In ogni caso non sono molto convinta di volerli prendere… lei cosa consiglia? Grazie mille. Milla ‘73
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella:

Sono dell’idea che i farmaci possano essere dei validi alleati, specie durante la fase acuta di un sintomo, ovvero quando il disagio si fa più insistente al punto da inficiare il normale funzionamento, sociale professionale e vitale, della persona. Ma se il farmaco è un alleato, non significa per forza che sia pure risolutivo. Smettere di utilizzare un medicinale può determinare la ricomparsa del sintomo così come, continuare ad assumerlo per evitare il malessere, può produrre una sorta di “dipendenza”. Per tale ragione, secondo il mio personale parere, il farmaco può rendersi necessario per la gestione concreta del sintomo (ovviamente sempre sotto stretto monitoraggio medico) ma, quando questo diviene sopportabile, sarebbe auspicabile intraprendere un altro tipo di terapia: quella psicologica. Grazie al percorso con uno psicologo, infatti, è possibile rintracciare le cause all’origine del disagio, quindi diventarne consapevoli, elaborarle e scoprire valide alternative volte al ben-essere. Insomma Milla ’73, se te la senti, sì al farmaco per un tempo determinato, con moderazione e prescrizione del medico curante, per poi intraprendere una terapia psicologica. Oppure, se sei refrattaria all’idea di assumere medicinali e riesci ancora a “governare” l’ansia, potresti considerare di intraprendere subito il cammino psicologico. Tieni presente che, in caso di “Pronto Soccorso”, per liberare le tensioni e ripristinare la calma interiore, potrebbero rivelarsi adatte anche sessioni di training autogeno, oppure sport “dolci” e meditativi come lo Yoga e il Pilates. Fammi sapere. Tanti auguri.
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Lettera di Puffettina triste:
Salve, ho un problema abbastanza serio che mi porto dietro da quando ero piccola: sono alta 1.76 per la bellezza di 100 kg che per mia fortuna nn si notano in quanto ho un organismo che lavora bene e un ottima massa muscolare, il mio problema è ke nn riesco a fare una dieta, nn riesco a mangiare frutta e verdura in quanto m viene la nausea ma il problema è ke sono completamente drogata dai dolci, nn riesco a trattenermi quando li vedo e ne mangio veramente tanti e in maniera nervosa e abbuffandomi, è kome se una forza mi catturasse e nn riesco a dire di no nea controllarmi, io ci soffro tanto xke vorrei perdere un po d peso solo ke nn so veramente come fare…aiutatemi…ho solo 22 anni!!! nn è finita qua, ovviamente io penso sempre a questa cosa e mi torturo il cervello veramente e spesso m vengono crisi di ansia e pianto. Aiutatemi per favore cosa posso fare?
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella:

Ciao Puffettina triste, sono del parere che il tuo problema alimentare celi necessità di altro tipo. Da come descrivi le abbuffate, sembra quasi che non si tratti di “mangiare” bensì di “fagocitare”, quasi come per voler introdurre dentro di te qualcosa che manca… Che abbia esternato il tuo disagio è un buon segno, in quanto si evince la motivazione al conseguimento di una consapevolezza prima, e di un cambiamento poi. Per questa ragione mi sento di suggerirti un colloquio con un psicologo o un percorso di conoscenza di sè più approfondita. Ti faccio tantissimi auguri!
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Lettera di Autore anonimo:
Buongiorno, mi capita spesso di ricordare i sogni al mattino ed ho un sogno che ricorre con una certa frequenza. In particolare sogno di avere una casa con un giardino che termina con una piccola scogliera sul mare. L’idea di avere l’accesso al mare nel sogno mi entusiasma. La casa varia da sogno a sogno, ma “il piccolo paradiso marino” resta sempre lo stesso. Devo dire che vivere sul mare mi piacerebbe, ma come si spiega il fatto che tutto varia tranne l’immagine di quel posto, che è sempre identico, come dipinto su un quadro? tra l’altro non è un posto che ho mai visto nella realtà…Vi sarei grata di un aiuto per capire..Grazie.
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella:

Carissima, l’interpretazione di un sogno non può prescindere dall’analisi del contesto di vita attuale del sognatore. Con parole più semplici, per comprendere il significato degli oggetti o dei soggetti che animano i sogni, bisogna prima conoscere i vissuti, i sentimenti, i desideri e le paure che attraversano la persona nel periodo di vita durante il quale si colloca il sogno.
Alcuni psicologi sostengono che gli oggetti visti in sogno siano una proiezione di se stessi; altri ancora sono convinti che rappresentino Altri Signfificativi oppure desideri non consapevoli allo stato conscio. In linea di massima si può affermare che il sogno è costituito da un contenuto manifesto e da un contenuto latente. Il contenuto manifesto è rappresentato dalle immagini oniriche attraverso cui si dispiega il sogno. Il contenuto latente, invece, è il significato celato dalle immagini oniriche. Se quello che Lei descrive è un sogno ricorrente, evidentemente il suo inconscio sta cercando di comunicarLe qualcosa di importante. Per saperne di più, suggerisco un percorso di psicoterapia che consenta di approfondire la conoscenza di sè, abbinandola all’interpretazione dei sogni. Con la speranza di aver offerto qualche informazione in più, saluto cordialmente e… buona vita onirica!
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Lettera di Tatiana:
Avrei un quesito da porvi che mi fa molto preoccupare; sono fidanzata da 1 anno quasi e convivo con il mio uomo, tra noi va tt bene sia a letto che nel rapporto, solo che ho scoperto che lui si masturba quasi ogni sera quando si chiude in bagno kn il pc per 1 oretta buona..questa cosa mi da fastidio e mi chiedo se è normale che un ragazzo di 23 anni lo faccia ancora pur essendo fidanzato…e piu che altro mi chiedo….lo fa xke nn lo soddisfo io a letto?? oppure xke ha passato un infanzia abbastanza disagiata e potrebbe aver cosi”saltato” qualche tappa del processo d sviluppo portandolo a essere rimasto “legato” diciamo alla sua fase di scoperta del piacere??? ovviamente questo fatto mi da noia anke xke kn me lo fa 1 – 2 volte a settimana… Consigliatemi cosa fareeeeeeeee. Ulteriori chiarimenti dell’autore: Vojo specifikare una kosa, a lui onestamente nn ho detto ke so ke lo fa…xo diciamo gli ho girato un po intorno e ho cerkato di fargli kapire (entrando nell argomento)il mio punto di vista…dicendogli ke se lo faceva era cmq normale xke è un uomo bla bla.. insomma ho cerkato di rinquorarlo ma lui ha sempre continuato dicendo ke nn lo fa assolutamente e ke lo faceva solo quando era single…..nn so veramente kome fare…sta kosa mi fa impazzire maremma…eppure nn è nemmeno da dire ke io sia una d quelle ke ha letto è santerella…cioè lui sa bene ke tipa sono…e so anke ke gli piace quando lo facciamo…ma allora xke kontinua???? avvolte penso ke preferisce far da se xke forse gli fa fatika farlo kn me…e la kosa tornerebbe xke lui è uno di quelli ke nn è molto “fantasioso” nel senso ke gli piace solo farsi fare le kose…e a me…beh onestamente…poko e nulla…A parer mio devo aspettare un po e vedere se magari le kose kambiano e se lo riesco un po a sbloccare…infondo si sa..i maski maturano dopo.e magari è rimasto “infantile” su questa kosa ankra…
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella: 15/01/2010

Ciao Tatiana, a 23 anni si è nel pieno delle capacità fisiche e sessuali. E’ piuttosto comune, specialmente per le persone di sesso maschile, ricercare più volte il piacere sessuale anche per necessità fisiologiche. In ogni caso, siccome la cosa ti disturba generando parecchie domande a cui non sai dare risposta, ti suggerisco di provare ad instaurare un dialogo sull’argomento direttamente col tuo ragazzo. Cerca di esprimerti in modo chiaro e pacato, senza scopo di scontro, cecando semplicemente un chiarimento. Verbalizza i tuoi “perchè?”, i tuoi pensieri e i sentimenti che provi quando lo vedi chiudersi in bagno cercando di promuovere un ragionamento del tipo: “come ti sentiresti se fossi al posto mio?”. Poi ascolta le sue risposte. Sono certa che questo dialogo sincero e profondo contribuirà a rafforzare la vostra unione ed intimità di coppia. In bocca al lupo!
Lettera di Marco.
Cara Valentina, sono un quarantenne milanese e sfiduciato. Non credo più nell’amicizia. Il mio più grande amico qualche anno fa si trovava in gravi difficoltà economiche, ovviamente mi sono prodigato per aiutarlo. L’ho fatto entrare nella mia azienda (opero nei servizi aziendali), gli ho ridato dignità e soldi. Risolti i suoi problemi finanziari mi ha presentato il conto morale, ovvero: sabotaggio. Mentre lavorava e mangiava nel mio piatto, ha creato una società in diretta concorrenza con la mia. Non contento ha cercato di sottrarmi agenti e collaboratori, creandomi non pochi disagi aziendali. Lascio a lei ed ai lettori della sua rubrica capire il mio stato d’animo e cosa avrei voluto fargli. Ora a distanza di qualche tempo, soffro ancora tanto per l’atteggiamento del “mio amico”, ma per mia fortuna non mi sono lasciato andare agli impulsi. So che probabilmente se non mi affiderà ad uno “strizzacervelli” finirò in depressione. Aspetto una risposta fiducioso.
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella:

Ciao Marco, come ben ti sarai accorto nell’arco del percorso esistenziale, la vita è fatta di gioie, successi e gratificazioni, esattamente come di delusioni, fallimenti e cantonate. È, dunque, lecito e condivisibile il sentimento che provi. È altrettanto vero, però, che sei stato in grado di realizzarti professionalmente nonostante tutte le difficoltà, presumibilmente, incontrate. Cerca, quindi, di attivare al meglio le risorse interne di cui disponi (forza di volontà, autostima, determinazione) per far fronte alla situazione difficile ma superabilissima, se avrai fede nelle competenze che ti appartengono e che ti hanno caratterizzato per tutto questo tempo. Con il termine “resilienza”, ci si riferisce alla capacità della persona di rielaborare quanto è stato sperimentato, così da considerare i vissuti negativi come possibilità di crescita, di maturazione e di cambiamento costruttivo. Ciò significa che non tutti i mali vengono per nuocere e che, anche avvenimenti ostici e destabilizzanti, possono motivare l’individuo a fare del proprio meglio, a re-inventarsi, a prodigarsi in funzione di una maggiore rendita personale. Su col morale allora, è tempo di rimboccarsi le maniche e dimostrare il tuo valore! Lascia perdere la depressione. Comincia a proporti, nei confronti della vita, con un atteggiamento mentale più positivo e grintoso, ti sarà certamente d’aiuto. In bocca al lupo!
Lettera di Giacomo:
Gentile Valentina, sono un trentenne, laureato in economia solo per compiacere i miei genitori, oggi frustrato. Ma non è questo il mio problema. Credo solo ora di aver realizzato che non amo la mia fidanzata di sempre (stiamo insieme da 7 anni), nutro per lei un profondo affetto, le voglio bene, ma le farfalle nella pancia non le ho mai sentite. Perchè le scrivo? Perchè ho bisogno di confidare ad una estranea delle nuove sensazioni che sto ultimamente provando. Mi scusi, certe cose probabilmente non riesco a confidarle neppure a me stesso. Sto provando, cercando di reprimerla, una forte emozione quando incontro un ragazzo, venuto ad abitare nel mio paese alcuni mesi fa. Il mio tarlo è questo: sto diventando gay? Il solo pensiero mi angoscia. Non mi sento omosessuale e peraltro pensavo che uno, etero o gay ci nasce. Un ragazzo confuso. Se può mi risponda. Giacomo.
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella:

Carissimo Giacomo, prima di chiedermi se fossi gay o meno, cercherei di riflettere sul mio stato sentimentale attuale. Da quanto scrivi, l’amore che senti per la tua ragazza è molto più simile a quello che contraddistingue un rapporto d’amicizia, anzichè un rapporto d’amore tra fidanzati. Forse, nella situazione in cui ti trovi, il portare avanti questo rapporto amoroso (più in teoria che in pratica) non avrebbe molto senso. Per quanto concerne il sentimento che provi per il ragazzo che è venuto a vivere nel tuo paese, mi sento di suggerire di evitare di porti troppe domande. È ovvia la tua confusione (e la tua paura?), ma scervellarti sull’essere omosessuale o meno non so quanto possa essere d’aiuto per il tuo chiarimento interiore. Prova a dare tempo al tempo. Vivi, sperimenta, emozionati, lascia spazio agli istinti e, solo in seguito, ripensa a te stesso e a quanto provato. Sul nascere o sul diventare gay (dopo anni di eterosessualità) posso dirti che, sulla base di quanto ho riscontrato personalmente, sembrerebbero possibili entrambe le cose (la canzone di Povia “Luca era gay” docet). Buona fortuna!.
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Lettera di Gianpiero:
Salve Dottoressa. Mi chiamo Gianpiero ho 34 anni. Complimenti innanzitutto per la rubrica e più in generale per il sito. Vorrei esprimere il mio parere in merito alla lettera dell’amico Giacomo. Ritengo che ciascuno di noi abbia un lato omosessuale nell’ambito della propria personalità. Io stesso in talune circostanze mi sono interrogato sul fatto che osservavo, senza peraltro avvertire alcuna pulsione sessuale, il viso e l’espressività di alcuni miei amici. Devo dirle che pur non provando attrazione fisica in senso stretto ho avvertito una sensazione di curiosità e sussulto emotivo nell’ osservare movimenti, fattezze somatiche particolarmente gradevoli nonchè modalità espressive particolarmente accattivanti. Ebbene son giunto alla conclusione che possono tranquillamente coesistere in un’individualità sia l’attrazione fisica per una donna che un innocente attenzione, non necessariamente palesata attraverso pulsione sessuale, verso il genere maschile. Soprattutto se siamo in presenza di una bellezza oggettiva, e per bellezza intendo, fisica, espressiva, intellettuale perche no? Cosa ne pensa in merito alla mia valutazione fatta ovviamente sulla base di esperienze personali? Grazie e Buon Proseguimento.
Risposta Dott.ssa Valentina Giannella:

Caro Gianpiero, credo che ognuno di noi provi attrazione per alcuni individui (uomini o donne), piuttosto che altri. Ciò dipende da svariati fattori come le fattezze fisiche, l’atteggiamento, l’essere simpatico o antipatico, il modo di parlare e di relazionarsi della persona nei nostri confronti e molto altro ancora. Tali fattori generano sentimenti di ammirazione e stima verso la persona con cui interagiamo. Non mi stupirei, pertanto, se avessi provato attrazione nei riguardi di uomini anche perchè, come tu affermi, ciò non significherebbe di default che si tratti di un’attrazione sessuale o di natura amorosa. Quindi sì, richiamo fisico per una donna e gradimento “laico” per un uomo, possono tranquillamente coesistere. Prova a pensare: se questo non fosse possibile, allora sarebbe irrealizzabile anche l’interiorizzazione dei nostri modelli primari, ovvero la figura genitoriale materna e paterna. Con il termine “bisessuale”, invece, ci si riferisce ad un vero e proprio orientamento sessuale, caratterizzato da un interesse nei confronti di soggetti di sesso opposto, oltre che dello stesso sesso. Ne consegue dunque che, per alcuni, sia possibile avere una propensione sessuale “aperta” e non per forza definita in una delle due categorie: eterosessuale/omosessuale.